#Macchine Mortali
Explore tagged Tumblr posts
Text
Vita meccanica cibernetica auto replicante per i viaggi spaziali

Fra intelligenza artificiale e transumanesimo. L’analisi di Valori. Uomo vuol dire pensiero, idee e specialmente sentimenti che lo rendono un essere diverso da ogni suo simile e da tutte le altre creature viventi nell’universo. Questa consapevolezza dovrebbe rassicurarci e motivarci mentre ci prepariamo per compiere il destino ultimo dell’umanità: trasformarci in una generazione futura che esplorerà mondi per ora a noi lontani. Viaggiando nel sistema solare e arrivando ad esplorare almeno l’eliosfera (la regione dello spazio che circonda il Sole nella quale la densità del vento solare è maggiore di quella della materia interstellare circostante, e racchiudente gli otto pianeti del sistema solare), l’intelligenza artificiale si adatterà prendendo decisioni che le consentano di svolgere il proprio lavoro. Ho parlato di otto pianeti e non nove in quanto Plutone resta fuori in lontananza con la sua orbita piuttosto eccentrica e inclinata rispetto al piano dell’eclittica; e dal 16 agosto 2008 è stato declassato a pianeta nano, o scientificamente a plutoide. Tante persone nel campo dell’astrobiologia sono favorevoli alla cosiddetta visione del cosmo post-biologico. È a causa del desiderio di conquista dello spazio che noi umani stiamo seminando i semi della nostra distruzione a favore dell’intelligenza artificiale? O stiamo inconsciamente seguendo una sorta di piano generale in cui gli esseri in carne ed ossa sono destinati a estinguersi e a essere ibridati da silicio e materiali sintetici. Quanto alla mente, alla memoria, alla coscienza potrebbe esserci un posto anche per gli umani nel cervello di un robot? E nel caso i nostri gusci mortali fossero sostituiti da qualcosa di più robusto e duraturo nel tempo potremmo ancora considerarci umani? A riprova di ciò ci sono una serie di esperimenti piuttosto recenti che sembrano suggerire come i robot potranno non solo acquisire la coscienza umana ma anche riprodurla. Ottawa, Canada, giugno 2017: il dipartimento di ingegneria meccanica e aerospaziale della Carlton University, ha annunciato lo sviluppo di una tecnologia che rivoluzionerà il futuro dei viaggi spaziali. Gli ingegneri sperano di creare una stampante 3D che un giorno sarà in grado di costruire strutture sulla luna utilizzando solo minerali di quei luoghi: però forse ancora più sconvolgente è il fatto che avrà facoltà di autoreplicarsi.

Mentre l’uomo va sempre più lontano tentando di colonizzare lo spazio, si sta sviluppando – come detto – una tecnologia attraverso la quale una stampante 3D può autoreplicarsi utilizzando materiali raccolti sulla superficie di un determinato corpo celeste. In questo modo le stampanti potranno raddoppiare il numero di volta in volta: questo vorrebbe dire che utilizzando intelligenza artificiale e stampa 3D, si possono creare installazioni e basi su corpi celesti, compresi satelliti, pianeti e asteroidi. Sebbene esistano forti dubbi che l’uomo possa sviluppare in tempi brevi una tecnologia che renda le macchine capaci di autoreplicarsi, c’è un progetto noto come RepRap che va avanti dal 2005 per la progettazione di una stampante 3D anche in grado di realizzare oggetti di uso quotidiano e creare pure alcune parti di ricambio. La stampa 3D rappresenta un enorme passo in avanti per lo sviluppo del progresso scientifico. Però l’aspetto ancora più incredibile è che questo tipo di stampanti è capace di riprodursi, per cui ci troviamo di fronte a una tecnologia in grado di superare il suo stesso fine e che sarà anche abile di costruire macchine migliori più veloci e più potenti. Negli anni Quaranta – più di vent’anni prima che l’uomo mettesse piede sulla luna – lo scienziato ungherese John von Neumann (1903-57) – uno dei più grandi matematici della storia moderna e fra le personalità scientifiche preminenti del XX secolo, ed ideatore della teoria dei giochi – reputava che le macchine autoreplicanti avrebbero permesso all’uomo di avventurarsi oltre il nostro sistema solare per poter esplorare l’intera galassia. Afferma l’astrofisico di origine giapponese Michio Kaku – laureato summa cum laude all’Università di Harvard:: «L’uomo è portato a credere che per poter esplorare le stelle ci sia bisogno di un enorme astronave: ma non è così. Il modo più efficace per esplorare la galassia con così tanti pianeti è inviare una piccola sonda come quella di John von Neumann». La sonda di von Neumann è una macchina autoreplicante che esplora lo spazio e utilizza materiali raccolti nell’universo per creare copie identiche di se stessa. Ad esempio, se si invia una sonda su Giove, una volta arrivata a destinazione raccoglierà materiale di quel pianeta per dar vita alla prossima generazione di se stessa; a quel punto la nuova sonda proseguirà il viaggio verso altri mondi, e una volta giunta a destinazione, raccoglierà a sua volta materiale per autoriprodursi e ancora. In questo modo le possibilità di arrivare sino ai confini dell’eliosfera aumenteranno in maniera esponenziale. Molti ritengono che uno degli ostacoli di un viaggio spaziale interplanetario sia rappresentato dal tempo che impiegherebbe un veicolo spaziale per trasferirsi da un luogo all’altro. Però – a prescindere dall’aiuto della propulsione a curvatura e dei wormhole (secondo la teoria del ponte Einstein-Rosen: viaggi superluminali, ossia con velocità superiore a quella della luce nel vuoto) – a questo punto invece di astronavi piene di umani non si potrebbe esplorare e popolare l’universo con delle sonde come quella di von Neumann? Ormai sappiamo bene che le persone in carne e ossa non sono adatte ai viaggi spaziali. Gli studiosi di esplorazioni stanno lavorando da decenni al progetto di trasformazione del genere umano in esseri meccanici o transumani per poter creare un’intera razza clonata di robot. Il transumanesimo è un movimento filosofico e intellettuale che sostiene il miglioramento della condizione umana sviluppando e rendendo ampiamente disponibili tecnologie sofisticate che possono migliorare notevolmente la longevità e la cognizione. Prevede anche l’inevitabilità di tali tecnologie in futuro. In sostanza si potrà caricare la nostra coscienza (sotto forma di informazioni digitali) su un computer e trasmettere i dati in un determinato luogo dello spazio, come meglio vedremo in seguito. Nel XVII secolo il filosofo francese Cartesio ha sviluppato il concetto di dualismo mente-corpo, secondo cui la coscienza umana non è prodotta dal corpo, ma è ben distinta da esso: corpo e mente di un essere umano, quindi, non interagiscono fra loro perché sono due cose separate. L’autore inglese Samuel Butler (1835-1902) osservando con perplessità i progressi e gli orrori della rivoluzione industriale, ha scritto il 13 giugno 1863 sul quotidiano The Press di Christchurch (Nuova Zelanda), una lettera profetica al direttore intitolata: “Darwin tra le macchine” (Darwin Among the Machines), in cui fra le altre cose affermava con lungimiranza più che secolare: “Le visioni della macchina che stiamo così debolmente indicando suggeriranno la soluzione di una delle più grandi e misteriose questioni del giorno. Ci riferiamo alla domanda: che tipo di creatura sarà probabilmente il prossimo successore dell’uomo nella supremazia della terra? Abbiamo sentito spesso questo dibattito; ma ci sembra che siamo noi stessi a creare i nostri successori; aggiungiamo quotidianamente nuovi aspetti alla bellezza e alla delicatezza della loro organizzazione fisica; ogni giorno diamo loro maggiore potere e forniamo con ogni sorta di ingegnoso espediente quel potere autoregolante e autoreferenziale che sarà per loro ciò che l’intelletto è stato per la razza umana. Nel corso dei secoli ci ritroveremo come razza inferiore. Inferiori nel potere, inferiori nella qualità morale dell’autocontrollo, li considereremo l’apice di tutto ciò a cui l’uomo migliore e più saggio possa mai osare mirare. Nessuna passione malvagia, nessuna gelosia, nessuna avarizia, nessun desiderio impuro turberà la serena potenza di quelle gloriose creature. . Riteniamo che quando sarà giunto lo stato di cose che abbiamo prima tentato di descrivere, l’uomo sarà divenuto per la macchina ciò che il cavallo e il cane sono per l’uomo. Continuerà ad esistere, anzi a migliorare, e probabilmente starà meglio nel suo stato di addomesticamento sotto il benefico governo delle macchine che nel suo attuale stato selvaggio. . Giorno dopo giorno, tuttavia, le macchine stanno guadagnando terreno su di noi; giorno dopo giorno diventiamo più sottomessi a loro; più uomini sono quotidianamente vincolati come schiavi per custodirli, più uomini dedicano quotidianamente le energie di tutta la loro vita allo sviluppo della vita meccanica. Il risultato è semplicemente una questione di tempo, ma che verrà il momento in cui le macchine manterranno la vera supremazia sul mondo e sui suoi abitanti è ciò che nessuna persona con una mente veramente filosofica può mettere in dubbio per un momento. La nostra opinione è che la guerra all’ultimo sangue dovrebbe essere immediatamente proclamata contro di loro. Ogni macchina di ogni tipo dovrebbe essere distrutta dal benefattore della sua specie. Non ci siano eccezioni, nessuna pietà deve essere mostrata; torniamo subito alla condizione primordiale della razza umana. Se si afferma che questo è impossibile nelle attuali condizioni delle cose umane, ciò dimostra subito che il male è già compiuto, che la nostra servitù è iniziata sul serio, che abbiamo allevato una razza di esseri che è al di là delle nostre possibilità distruggere, e che non solo siamo schiavi, ma siamo assolutamente accondiscendenti alla nostra schiavitù» (testo originale in Samuel Butler, A First Year in Canterbury Settlement With Other Early Essays, A.C. Fifield, London 1941, pp. 182-185)”. John Von Neumann ha sostenuto di essere partito dalla teoria di Cartesio e dalle asserzioni di Butler per arrivare ad affermare che per poter esplorare altri pianeti è necessario utilizzare macchine autoreplicanti. Però il rabbino Ariel Bar Tzadok afferma: “Se dovessimo creare una forma di vita artificiale e se questa si sviluppasse, si evolvesse, crescesse, potrebbe diventare superiore all’uomo moderno. Questo porterebbe un problema di ordine morale, dal momento che l’essere umano tende ad adorare ciò che ritiene sia più grande di sé”. Siamo forse vicini a una nuova fase dell’evoluzione umana durante la quale diventeremo transumani? Risponde il Prof. Kaku: «Penso che entro la fine del secolo saremo in grado di digitalizzare la coscienza. Tutto ciò che si conosce dell’uomo come personalità, ricordi, emozioni, e persino le vie nervose sarà digitalizzato. A cosa servirà? A collocare la nostra coscienza su un raggio laser ed indirizzarla verso il cielo: in un secondo la coscienza umana arriverà su un determinato corpo celeste dove sarà scaricata in un sistema centrale e poi inserita in un avatar meccanico. Io lo chiamo trasferimento tramite laser». Se la tecnologia del transumanesimo avrà successo presto il contenuto del nostro cervello si potrà archiviare nel cloud. Per cui mentre la civiltà umana si prepara alla fase successiva della sua evoluzione, coloro che consideriamo esseri umani si estingueranno o diventeranno transumani? Ossia dotati di intelligenza sviluppata in corpi cibernetici guidati da IA. Numerosi studiosi negano questa eventualità, sostenendo che un essere umano è qualcosa di più che un insieme di carne e ossa. Uomo vuol dire pensiero, idee e specialmente sentimenti che lo rendono un essere diverso da ogni suo simile e da tutte le altre creature viventi nell’universo. Questa consapevolezza dovrebbe rassicurarci e motivarci mentre ci prepariamo per compiere il destino ultimo dell’umanità: trasformarci in una generazione futura che esplorerà mondi per ora a noi lontani. Read the full article
#corpicibernetici#coscienzaumana#intelligenzaartificiale#macchinaautoreplicante#transumanesimo#vitaartificiale#vitameccanica
0 notes
Text
Macchine Mortali, la recensione del film prodotto da Peter Jackson
#MacchineMortali, la recensione del film prodotto da #PeterJackson
Prodotto e sceneggiato da Peter Jackson, nome altisonante per il genere fantasy, Macchine Mortali è approdato in sala il 13 dicembre. Questa è la nostra recensione.
Il film porta sul grande schermo l’adattamento del romanzo per ragazzi Mortal Engines di Philip Reeve. Il pianeta, nel futuro remoto immaginato dallo scrittore, si presenta privo di ogni confine e di ogni nazione e popolato…
View On WordPress
1 note
·
View note
Text
Macchine Mortali: le nostre opinioni
Macchine Mortali non sarà un capolavoro ma non è neanche quella cagata pazzesca che mi aspettavo dopo aver letto e sentito alcune recensioni. Intanto, visivamente è di grande impatto e anche il soggetto, il mondo post-apocalittico basato sui romanzi di Philip Reeve, è molto affascinante. Sì, magari alcuni personaggi non sono esattamente memorabili, e gli sceneggiatori de Il Signore degli Anelli non erano forse al top dell'ispirazione, tuttavia non posso negare di essermi goduto in una certa misura lo spettacolo. Pagella: 6+/10
Il film diretto dall'esordiente Christian Rivers (ma con alle spalle il maestro Peter Jackson) tutto sommato è risultato piacevole e a tratti spettacolare. La trama scorre via liscia senza intoppi, forse con qualche momento di noia, ma apprezzabili alcune scene con queste mega città su ruote e mi è piaciuto tanto il personaggio Shrike, un cyborg cacciatore di taglie nello stile Terminator. Concludendo, se amate il genere punkrobotico apocalittico (se esiste) guardatelo con serenità. Pagella: 6,5/10
#macchine mortali#philip reeve#il signore degli anelli#christian rivers#peter jackson#cinema#recensione#film
0 notes
Text
Grazie a nome di noi cittadini Palermitani..
..a questo agente di polizia(,e ai tanti ragazzi impegnati ieri, nei soccorsi , carabinieri, vigili del fuoco, Soccorritori del 118, ) che ha rischiato , aiutando le persone rimaste incastrate dentro l'auto
Ieri Palermo è stata investita da una grave alluvione che ha causato un disastro pazzesco alla NS città...
La foto cn i ringraziamenti è quasi un atto dovuto nei confronti di uomini/donne impegnate ogni giorno al servizio dei cittadini
Fonte Fb♥️
Chiunque tu sia, a te va il nostro grazie...
15.07.2020, Palermo.
Giornata come tutte le altre, il turno ti è cominciato da un paio d'ore. Ieri avrai fatto probabilmente servizio di sera, mentre la città festeggiava il festino, tu ed il tuo "coppio" a pattugliare.
Forse non sei nemmeno di Palermo, forse questa città ti sta stretta, forse vorresti tornare dalla tua famiglia. O forse sei di Palermo, forse sei tornato alla tua famiglia... Fatto sta che stai facendo la tua pattuglia quando comincia a piovere.... Piovere... Piovere come se non ci fosse un domani... "Collè, minchia acqua!!"...
Eh già, tanta, troppa... Comincia ad accumularsi... Forse transitavate dal Viale Regione o forse vi ci ha mandato la centrale operativa in supporto, fatto sta che arrivi e trovi davanti ai tuoi occhi l'apocalisse: decine di auto sotto metri di acqua e fango, decine di persone che gridano e piangono, bambini intrappolati, madri impaurite... E allora tu cosa fai? Ti scordi della paga più bassa d'Europa, ti scordi delle infamie della magistratura, ti scordi delle cattiverie delle malelingue, della stampa pronta a metterti in croce e ti fiondi li, dove serve, dove senti di dover essere e fai la cosa per cui siamo nati: SERVIRE!
Ed ecco che, senza pensarci, ti ritrovi a nuotare verso quelle macchine, a portare in salvo le persone e a tornare indietro a controllare se ci sia ancora qualcuno... Quando ci chiamate SERVI DELLO STATO, quando gridate ACAB, quando puntate il dito contro di NOI, quando alludete a corruzioni inesistenti o fate le vostre invidiose considerazioni sul 24 sicuro bhe... Sappiate che noi non siamo servi ma SERVITORI, siamo BASTARDI ma non per come lo intendete voi ma, soprattutto, ricordatevi che quello che ognuno di noi vive OGNI GIORNO durante la propria carriera, VOI forse lo vedrete una volta sola nella vita... A quanti incidenti mortali avete assistito? Quanti morti avete toccato? A quante madri avete comunicato la morte di un figlio? Quanti delinquenti vi siete trovati davanti? Ecco... Pensateci... E riflettete che, NONOSTANTE TUTTO, noi SERVITORI BASTARDI, figli della strada, saremo sempre pronti a venirvi in aiuto anche se questo significa mettere a rischio la propria vita... Perché siamo fatti così: siamo figli del TRICOLORE, fratelli che indossano divise diverse ma che hanno cuori UNIFORMI... non siamo Angeli ne eroi... Siamo semplicemente uomini e donne che vorrebbero avere rispetto sempre e non solo quando vi accorgete che esistiamo... ABBIAMO BISOGNO DEL VOSTRO AFFETTO, l'unica vera SODDISFAZIONE di questo nostro mestiere...
Questa foto possa diventare simbolo di tutto ciò che significa essere SERVITORE, FIGLIO DELLA GENTE...
di Marco Billeci

24 notes
·
View notes
Photo









SILENZIO - By JAVIER MOLINA, SU BEHANCE
Quello che ti colpisce è il silenzio, gli animali selvatici che si impossessano delle strade e delle piazze, il vuoto nato dalle assenze, dalla mancanza di volti, voci, passi lungo le strade, macchine in coda, la gente fuori dai bar, le vecchie affacciate alle finestre, i ragazzi che inseguono un pallone, le ragazze che fanno nascere l’amore e i desideri. Anche se in verità siamo tutti qui, nelle case che circondano questo innaturale silenzio, la vita sembra non essere più qui, fuggita via o rubata da qualche mago potente. Questo chiassoso, terribile silenzio ci ricorda il nostro vuoto, la precarietà del domani e ci fa dimenticare perché il vento domina le strade, perché i fiori degli alberi da frutto sono caduti lasciando posto alle foglie perchè le gemme nell’aprirsi portino quella vita che adesso ci appare fragile e bellissima. Nessuno per strada può ammirare lo spettacolo della natura, nessuno vuol comprendere e vivere il cambio della stagione, la fine dell'inverno, l'arrivo di una primavera che tanti ha, purtroppo, un sentore di morte. Non vi sono missili nel cielo a disegnare traiettorie mortali, nel scoppi di bombe, o dei cingoli dei carri armati ad impaurirci e farci nascondere come i topi nelle vecchie case quando sentono un rumore strano. Vi è solo il silenzio a dominare le strade e un bollettino di guerra che ogni giorno segna incertezze, disegna nella penombra paure e vive dell’impotenza di tutti noi di fronte a quanto non vediamo e ignoriamo. C’è solo silenzio, lungo queste strade vuote, il vento che porta i semi e sparge il polline per ricreare la vita e noi chiusi in casa, ad attendere un'altra primavera e tornare, nel rumore e nel caos, a rivedere questa vita da cui, soffrendo, ci nascondiamo.
What you note is the silence, the wild animals that take possession of the streets and squares, the emptiness born of the absences, the lack of faces, voices, steps along the streets, queuing cars, people outside the bars, the old ones looking out the windows, the boys chasing a ball, the girls who give birth to love and desires. Although in truth we are all here, in the houses surrounding this unnatural silence, life seems to be no longer here, fled away or stolen by some powerful wizard. This boisterous, terrible silence reminds us of our emptiness, the precariousness of tomorrow and makes us forget why the wind dominates the streets, why the flowers of the fruit trees have fallen, leaving room for the leaves so that when they open, the buds bring that life that now it appears fragile and beautiful to us. Nobody on the street can admire the spectacle of nature, nobody wants to understand and experience the change of season, the end of winter, the arrival of a spring that unfortunately for many have a hint of death. There are no missiles in the sky to draw deadly trajectories, no the explosion of bombs, or the tracks of tanks to frighten us and make us hide like mice in old houses when they hear a strange noise. There is only silence to dominate the streets and a war report that every day marks uncertainties, draws fears in the dim light and lives on the powerlessness of all of us in the face of what we do not see and ignore. There is only silence, along these empty streets, the wind that carries the seeds and spreads the pollen to recreate life and we closed in the house, to wait for another spring and return, in the noise and chaos, to review this life from which, suffering, we hide.
38 notes
·
View notes
Text

• Covid-19 • Le cure, i vaccini e altre orribili conseguenze della malattia
La vita ai tempi della pandemia / Mondo, Zona Rossa / giorno 100 / Europa - Fase 3, fine del Lockdown e riapertura dei confini
Sempre più spesso penso che se gli scienziati pazzi e bramosi di gloria, che si sentono Dio, avessero lasciato dov’erano i pipistrelli nelle loro grotte, lontane dalla civiltà, inaccessibili e buie, senza andare a sgrappolarli come uva nei vigneti, noi oggi non saremmo in questo gigantesco guaio mondiale di proporzioni bibliche, non avremmo virus come Covid o come altri coronavirus dei pipistrelli, poi manipolati in laboratorio, con la scusa di studiare e cercare fantomatiche cure, quando invece si vogliono creare solo costose armi biologiche.
Non avremmo nessun virus dei pipistrelli, se li avessero lasciati dov’erano, perché i pipistrelli stanno nelle loro grotte a farsi i cazzi loro, e si tengono ben lontani dalla civiltà umana.
E fanno molto bene.
Tutto il mondo è impegnato a cercare cure e vaccini per il Covid, che forse non si troveranno mai, perché, come ha recentemente denunciato (anche) l’ex capo dei servizi segreti inglesi (e prima di lui lo hanno fatto molti altri agenti dei servizi e anche lo stesso Luc Montagnier), Sir Richard Dearlove (MI6), in un'intervista al Telegraph, esiste una ricerca norvegese-britannica, in cui si parla di un incidente di laboratorio (ovviamente a Wuhan) che avrebbe poi portato allo scoppio della pandemia.
La ricerca in questione non è ancora stata pubblicata, ma lo studio mostrerebbe delle prove che attestano che la sequenza genetica del virus non viene da un pipistrello, come (falsamente) sostenuto fino ad ora dal regime di Pechino, ma dal laboratorio di Wuhan, dove gli scienziati cinesi avrebbero compiuto esperimenti sui pipistrelli, inserendo manualmente, all'interno del DNA estrapolato del coronavirus dei pipistrelli, delle "sezioni" di altri virus (tra cui l’HIV, come ha già affermato anche il premio Nobel Montagnier, scopritore, tra l’altro, proprio del virus dell’HIV), e dunque Dearlove (come già anche Montagnier prima di lui) afferma che i vaccini che si stanno sperimentando in tutto il mondo, sarebbero inutili, visto che si basano su studi fraintesi.
E in sostanza, il virus si esaurirà da solo.
Cosa che effettivamente sta già avvenendo, come dimostra la recente scoperta bresciana di una variante di Covid indebolita, molto meno aggressiva e non più letale.
E a proposito di questa scoperta, in via di pubblicazione, il numero 1 dei virologi italiani, Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), e scopritore, con il suo team, agli Spedali Civili di Brescia, di questa variante più “buona” di Covid, ha annunciato, il 3 giugno all’Adnkronos che, “la variante 'buona' del nuovo coronavirus isolata a Brescia, non è solo "estremamente meno aggressiva", ma è anche "geneticamente molto diversa". Il suo Rna, infatti, presenta "mutazioni significative" rispetto a quello dei virus Sars-CoV-2 sequenziati nei mesi più 'caldi' dell'epidemia di Covid-19 (febbraio-aprile 2020).
Caruso e il suo team, hanno dunque finalmente ottenuto una “sequenza completa e fortemente attendibile" della variante indebolita di Covid, e questo è importante perché, continua Caruso, “potrà aprire la strada alla messa a punto di possibili vaccini attenuati contro Covid-19".
“Nel mondo sono almeno 7.000 le varianti di Covid ormai note e "chiunque sappia di virologia - puntualizza l'esperto - sa bene che i coronavirus hanno un'alta potenzialità di mutazione, perché fanno della mutazione un punto di forza per replicare e propagarsi".
E a spiegarci (bene) perché i virus, a un certo punto, si indeboliscono fino poi a scomparire, è anche Pietro Buffa, biologo molecolare, che ci mostra come, da un lato, la replicazione dei virus (Covid compreso)all’interno delle cellule subisca degli “errori di copiatura”, continuando a replicarsi, e questi errori portano ad indebolimento dei virus stessi, e come, dall’altro, il nostro stesso sistema immunitario sia capace di infliggere modifiche al codice genetico di Covid, attraverso un meccanismo noto come “RNA Editing”, che consiste in una sorta di “hackeraggio”che le nostre cellule mettono in atto quando vengono infettate, andando ad attaccare, convertendoli, 2 dei 4 componenti dell’RNA virale: le Adenine e le Citosine del virus vengono infatti convertite dal nostro sistema immunitario (nello specifico da due sistemi enzimatici, ADAR e APOBEC) in Inosine e Uracili, causando di fatto alterazioni genetiche che il virus accumula, e che poi, nella replicazione continua, lo indeboliscono ulteriormente.
Ma la versione letale di Covid, quella targata febbraio-aprile 2020, continua a mietere vittime, e non solo fra coloro che si trovano da 2 o 3 mesi intubati nelle terapie intensive (che continuano a svuotarsi sempre più, qui in Italia, e, in generale, nel resto d’Europa), ma anche fra alcune persone che sono sopravvissute e guarite da Covid. Persone di tutte le età, senza patologie pregresse.
Covid, oltre a provocare nel 30% dei pazienti guariti, danni polmonari permanenti, riducendo significativamente le capacità respiratorie, provoca anche (dato agghiacciante diffuso di recente e molto, molto sottovoce) microcoaguli di sangue (microtrombosi) che si formano, a centinaia (sono talmente numerosi questi piccolissimi coaguli, da intasare anche le macchine per la dialisi nei pazienti Covid in cui è insorta insufficienza renale) nella circolazione sanguigna delle persone guarite, creando serissimi problemi, anche mortali, se i coaguli arrivano agli organi vitali.
È di pochi giorni fa la testimonianza di un’infermiera trentenne del milanese che, guarita da Covid e avendolo fatto con sintomi leggeri, pensava di essere scampata al pericolo, invece, dopo essere guarita, a 10 giorni dal tampone negativo, si è ritrovata con uno strano dolore alla gamba. Diagnosi: trombosi venosa profonda provocata da Covid-19 e adesso, ogni giorno, deve convivere con terapie anticoagulanti, esami, controlli, e la costante paura di ciò che può capitarle, dato che il suo sangue, dopo Covid, coagula come quello di una persona anziana allettata.
Semplicemente agghiacciante quest’altra conseguenza che lascia Covid, oltre ai danni polmonari.
Già diverse persone nel mondo, guarite dal virus, sono poi morte in seguito alle complicanze che Covid ha lasciato nei loro corpi.
Ma perché Covid causa queste trombosi? Un recente studio italiano, ha individuato il meccanismo killer:
“Covid-19 determina una grande propensione a sviluppare trombosi venose e arteriose, anche mortali, in una percentuale di pazienti che arriva fino al 50% - afferma Carlo Gambacorti-Passerini, professore di Ematologia e direttore della Clinica Ematologica dell’Università, presso l’Ospedale San Gerardo di Monza -. Rimaneva però ignoto cosa causasse questo fenomeno”.
“Il virus altera le cellule endoteliali (altera il marcatore sFlt1) che sono quelle che tappezzano la superficie interna dei vasi, e che hanno il compito di evitare l’innesco della coagulazione. E la conseguenza più importante di questa alterazione, è che viene chiamata in causa la molecola che Covid utilizza per entrare nelle cellule, nota come ACE2. Il fatto che ACE2 venga soppressa dopo l’entrata del virus causa questo aumento di sFlt1 e, quindi, suggerisce che Covid-19 infetti direttamente le cellule endoteliali, almeno nei pazienti che sviluppano complicanze trombotiche”.
Ecco perché, tra i farmaci usati contro Covid, è fondamentale l’uso dell’eparina, che serve appunto a sciogliere questi coaguli, rendendo il sangue molto fluido.
Altro farmaco che si è rivelato fondamentale (nonostante lo scetticismo di alcuni medici e scienziati) nel trattamento precoce di Covid, e anche a scopo preventivo (ad uso del personale sanitario, continuamente a contatto con il virus) è l’idrossiclorochina (commercializzata col nome di Plaquenil), un farmaco antimalarico, la cui molecola alla base, somministrata sia prima che dopo l'infezione, farebbe da scudo contro il Covid, in alcuni studi di laboratorio, impedendo la replicazione all’interno delle cellule umane.
È importante che l’idrossiclorochina venga somministrata entro 48h dall’insorgere dei sintomi di Covid: solo in questo modo, è stato dimostrato in più di uno studio su diversi pazienti (con dosaggio di idrossiclorochina a 400 mg x 2 il primo giorno e 200 mg x 2 per 5 giorni, e nel 40% dei casi con aggiunta anche di antibiotici, come Azitromicina. Il miglioramento clinico al primo contatto, dopo circa 7 giorni, riguardava ben l’80% dei pazienti”, questo il risultato dello studio condotto all’Ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno), che i malati si sfebbrano nel giro di 2-4 giorni senza che insorga, o prima che si aggravi irreversibilmente, la polmonite interstiziale bilaterale che porta poi i pazienti in terapia intensiva.
Ed è stata proprio la somministrazione precoce dell’idrossiclorochina, come terapia domiciliare, ad evitare che i malati andassero in carenza di ossigeno, e continuassero a morire da soli a casa o arrivassero già in fin di vita in pronto soccorso (come purtroppo accaduto nei mesi di febbraio e marzo 2020).
E dunque, alla luce di questo, non aveva tutti i torti neppure Trump, a prendersi l’idrossiclorochina come profilassi anti-Covid.
Certo, va fatta molta attenzione se si hanno problemi cardiaci, con la clorochina, ma in situazioni di emergenza come quelle che il mondo sta vivendo, si deve sceglie il male minore, che è, appunto, la clorochina e non certo Covid.
Per le persone che invece sono state colpite dal virus in modo grave, e si trovano a un passo dalla terapia intensiva, o sono già intubate, si usano trasfusioni con plasma iperimmune: è il sangue di persone già guarite da Covid, che hanno sviluppato un altissimo numero di anticorpi (viene usato solo il plasma che contiene un elevatissimo numero di anticorpi, se gli anticorpi sono pochi, non può essere utilizzato, perché non sortirebbe gli effetti desiderati): si tratta di un rimedio antichissimo, che esiste dalla notte dei tempi, e che ha salvato e salva moltissime vite. Sono numerosissime, infatti, le testimonianze di malati Covid molto gravi, che si sono ripresi nel giro di pochi giorni e poi guariti, dopo le trasfusioni con sangue iperimmune.
E fin qui sono gran belle notizie.
Ma allora perché l’OMS e compari affini volevano sospendere le cure con l’idrossiclorochina e con il sangue imperimmune, per continuare invece quelle con i farmaci sperimentali antivirali contro l’HIV e l’ebola?
Semplice, perché una confezione di idrossiclorochina (Plaquenil) costa 10€ e il plasma iperimmune non costa nulla.
Mentre una fiala, ripeto, una singola fiala di antivirale contro ebola, costa 1000€.
Comprendete chi tira i fili dietro all’OMS, all’ISS et similia? Le lobby farmaceutiche, ovviamente.
E riguardo agli antivirali contro l’HIV (Lopinavir e Ritonavir) ed ebola (Remdesivir), usati in modo “compassionevole” e sperimentale su Covid-19, sì, funzionano anche loro, se non ammazzano il paziente prima del virus, per via dei pesantissimi effetti collaterali, soprattutto sul fegato.
Vi ricordate le impressionanti foto (di febbraio 2020) dei due medici cinesi, malati di Covid, e curati con chissà quanti e quali mostruosi mix di antivirali che gli hanno danneggiato il fegato a tal punto che, al risveglio dall’intubazione, la loro pelle era diventata nera? Si, nera, come se fossero nati di colore.
Questi due medici, colleghi del medico eroe Li Wenliang (a proposito, il 12 giugno 2020, a Wuhan, è nato il suo secondo figlio), si chiamano Yi Fan (cardiologo) e Hu Weifeng (urologo).
Hu Weifeng è morto, dopo quattro mesi (a giugno), a causa delle conseguenze lasciate da Covid e dalle pesantissime cure antivirali che gli hanno distrutto il fegato.
La pelle di Yi Fan, invece, sembra stia tornando bianca, è riuscito a guarire ed è stato dimesso dall’ospedale.
E veniamo ora ai vaccini anti-Covid.
È stato stipulato un accordo mondiale tra tutte le nazioni per la ricerca di un vaccino.
Molti vaccini non hanno superato i test della sperimentazione animale. Altri sono invece già passati alla sperimentazione su volontari umani. E tra questi, c’è n’è uno che sembra più promettente di altri.
È il vaccino di AstraZeneca, frutto di una collaborazione anglo-italiana, tra l’Università di Oxford e l’italiana IRBM.
Le prime fasi della sperimentazione sono andate bene, ma ora si è entrati nell’ultima fase, quella in cui si sta testando il vaccino su migliaia di volontari, per verificare che effettivamente protegga dal contagio da Coronavirus Sars-CoV-2.
I test si concluderanno a settembre, e se saranno positivi, verranno prodotte decine di milioni di dosi entro la fine del 2020 e, nei primi mesi del 2021, arriveranno il resto delle dosi.
Questa sarebbe l’unica possibilità di salvezza del mondo dal virus, oltre al fatto che si esaurisca da solo.
Il vaccino funzionerà? Guarderò a questo proposito nella mia pietra, e vi sarò sapere.
Com’è noto, statistiche e modelli matematici che predicevano l’andamento della pandemia, del picco e dei contagi post riaperture, hanno fallito miseramente.
Perché la scienza ha gli stessi limiti dell’uomo, il paranormale non è soggetto ai limiti e agli errori umani.
Restando sempre in Inghilterra, è di pochi giorni fa l’agghiacciante notizia di 700 persone trovate morte da sole a casa, per Covid. Persone morte in totale solitudine, soffocate dal virus tra le mura di casa, tra grandi sofferenze e paura, e di cui si sono accorti, solo molto tempo dopo, parenti o amici o medici di base che non avevano più notizie dei loro assistiti o dei loro cari da giorni.
Lo stesso che sarà avvenuto anche qui da noi e in ogni parte del mondo.
È uno dei mille orrori di questo virus letale che, secondo un paio di studi recenti, sembrerebbe essere meno aggressivo verso le persone con gruppo sanguigno Rh 0, rispetto a quelle con gruppo A: chi ha il gruppo 0, infatti, verrebbe meno facilmente contagiato dal virus e, se contagiato, svilupperebbe meno complicanze gravi e meno possibilità di finire in terapia intensiva rispetto a chi ha il gruppo A.
Sarà davvero così? Non lo so, ma per la cronaca, io ho il gruppo 0 positivo....
#pandemia covid 19#covidー19#coronavirus sars cov 2#pandemic#lockdown#red zone#katia celestini#alchimilla#artists on tumblr#italian photographers#photographers on tumblr#original photographers
3 notes
·
View notes
Text

EHI TU, CORONAVIRUS COVID19: STAMMI BENE A SENTIRE!
Sono nato negli anni '60 e sono venuto alla luce in una sala parto dove medici e infermieri mangiavano panini con il salame e fumavano una sigaretta dietro l'altra nell'attesa che mia madre partorisse, senza mascherine, senza guanti; sono sopravvissuto ai vaccini al mercurio puro e all'amianto sui tetti e nei tubi degli acquedotti. Ho resistito agli attacchi del vaiolo e ne sono stato marchiato sul braccio; mi sono imbattuto in influenze mortali e altre peggiori di te, e ho schivato la TBC e l'Aids pregando, o solo spostando la testa di lato, ma molto velocemente.
Sono cresciuto in scuole senza estintori, senza protocolli di igiene e sicurezza; ho respirato la benzina rossa, la diossina di Seveso e sono stato contaminato dalle radiazioni nucleari di Chernobyl. Mi sono disinfettato le ferite delle cadute in bicicletta e in moto con aceto e calci in culo; sono cresciuto mangiando cibi che non avevano ancora la scadenza per Legge e ho bevuto acqua dal rubinetto senza filtri; ho fumato Nazionali e MS, e mi sono sbronzato con alcolici altamente tossici.
Ho guidato senza casco motociclette pericolosissime da 400Kg con i freni a tamburo, e macchine prive di qualsiasi affidabilità: senza cinture e senza airbag e che non avevano nemmeno la spia dell'acqua.
Ho vissuto il boom economico e l'austerity con la stessa imperturbabilità, e sono stato curato con medicine non testate dall'OMS e sparate nel mio corpo con siringhe di vetro dagli aghi enormi e spuntati che si sterilizzavano sul fuoco in un terrificante contenitore di latta, che ancora oggi mi fa venire gli incubi.
Non ho mai avuto uno psicologo o un sostegno scolastico: ai miei tempi non esistevano nemmeno; e le ho prese di santa ragione da tutti: da mia madre, da mio fratello maggiore, e dai bulli più grandi di me che ho incontrato, e ne son sempre venuto fuori senza traumi.
E tu, Coronavirus, pensi di fare paura a chi come me è sopravvissuto a tutto questo?
Sono io che ti avverto: quelli come me li riconosci subito; perchè siamo quelli che vedi in giro senza mascherina e quelli che continuano a fare quello che hanno sempre fatto: sopravvivere; quindi non ti fare illusioni sbagliate. Siamo Italiani, abbiamo conquistato il mondo due volte, abbiamo scritto la storia dell'arte e abbiamo vinto una guerra mondiale; e abbiamo superato crisi peggiori di te e non ti temiamo: ti mostriamo il dito medio e ci beviamo una bella birretta tutti insieme alla facciazza tua, con l'augurio e con la speranza che sia tu a schiattare per primo, e molto più alla svelta di tutti noi. Naturalmente la birra è una: "Corona", ghiacciata, perchè abbiamo imparato anche a essere fatalisti e immortali. Coglione!
Non so chi sia l’autore ma ci sta tutto! Attenzione che Sdrammatizzare non vuol dire sottovalutare.
8 notes
·
View notes
Text
EHI TU, CORONAVIRUS COVID19: STAMMI BENE A SENTIRE!
Sono nato negli anni '60 e sono venuto alla luce in una sala parto dove medici e infermieri mangiavano panini con il salame e fumavano una sigaretta dietro l'altra nell'attesa che mia madre partorisse, senza mascherine, senza guanti; sono sopravvissuto ai vaccini al mercurio puro e all'amianto sui tetti e nei tubi degli acquedotti. Ho resistito agli attacchi del vaiolo e ne sono stato marchiato sul braccio; mi sono imbattuto in influenze mortali come la Spagnola o la Filippina e altre peggiori di te, e ho schivato la TBC e l'Aids pregando, o solo spostando la testa di lato, ma molto velocemente.
Sono cresciuto in scuole senza estintori, senza protocolli di igiene e sicurezza; ho respirato la benzina rossa, la diossina di Seveso e sono stato contaminato dalle radiazioni nucleari di Chernobyl. Mi sono disinfettato le ferite delle cadute in bicicletta e in moto con aceto e calci in culo; sono cresciuto mangiando cibi che non avevano ancora la scadenza per Legge e ho bevuto acqua dal rubinetto senza filtri; ho fumato Nazionali e MS, e mi sono sbronzato con alcolici altamente tossici.
Ho guidato senza casco motociclette pericolosissime da 400Kg con i freni a tamburo, e macchine prive di qualsiasi affidabilità: senza cinture e senza airbag e che non avevano nemmeno la spia dell'acqua.
Ho vissuto il boom economico e l'austerity con la stessa imperturbabilità, e sono stato curato con medicine non testate dall'OMS e sparate nel mio corpo con siringhe di vetro dagli aghi enormi e spuntati che si sterilizzavano sul fuoco in un terrificante contenitore di latta, che ancora oggi mi fa venire gli incubi.
Non ho mai avuto uno psicologo o un sostegno scolastico: ai miei tempi non esistevano nemmeno; e le ho prese di santa ragione da tutti: da mia madre, da mio fratello maggiore, e dai bulli più grandi di me che ho incontrato, e ne son sempre venuto fuori senza traumi.
E tu, Coronavirus, Covid19 cinese del cazzo, pensi di fare paura a chi come me è sopravvissuto a tutto questo?
Sono io che ti avverto: quelli come me li riconosci subito; perchè siamo quelli che vedi in giro senza mascherina e quelli che continuano a fare quello che hanno sempre fatto: sopravvivere; quindi non ti fare illusioni sbagliate. Siamo Italiani, abbiamo conquistato il mondo due volte, abbiamo scritto la storia dell'arte e abbiamo vinto una guerra mondiale; e abbiamo superato crisi peggiori di te e non ti temiamo: ti mostriamo il dito medio e ci beviamo una bella birretta tutti insieme alla facciazza tua, con l'augurio e con la speranza che sia tu a schiattare per primo, e molto più alla svelta di tutti noi. Naturalmente la birra è una: "Corona", ghiacciata, perchè abbiamo imparato anche a essere fatalisti e immortali. Coglione!

3 notes
·
View notes
Text
Benvenuti a Marwen
Sono le parole di Mark Hogancamp, un tempo illustratore e fumettista, la cui vita è andata in pezzi dopo essere stato vittima di un selvaggio pestaggio da parte di un gruppo di teppisti omofobi. Dal giorno del brutale assalto l’uomo ha perso la facoltà di disegnare, gran parte dei ricordi, e vive nel terrore. Fino a identificare i suoi assalitori nei nazisti che Hogie, la sua versione…
View On WordPress
#Alan Silvestri#animazione#Benenuti a Marwen#Diane Kruger#Macchine mortali#Mark Hogancamp#Peter Jackson#Ritorno al futuro#Robert Zemeckis#Robin Williams#Steve Carell#strega
0 notes
Text
[EXPRESSO] Macchine Mortali (2018) | Brits und (Castle) Panzer
[EXPRESSO] Macchine Mortali (2018) | Brits und (Castle) Panzer
Adattamento dell’omonimo romanzo di Philip Reeve, prodotto e sceneggiato da Peter Jackson, Macchine Mortali è la storia di come se devi fare un futuro post-apocalittico, tanto vale che lo fai steampunk, con fottute città-carro armato mobili che costantemente si cacciano a vicenda al fine di espandersi ed ottenere sempre più scarse risorse
Così scarse al punto da chiedersi perchè cazzo avere…
View On WordPress
#EXPRESSO#Hera Hilmar#Hugo Weaving#Macchine Mortali#Macchine Mortali 2018#Macchine Mortali film#Peter Jackson#Philip Reeve#Robert Sheenan#Steampunk#Stephen Lang
0 notes
Text
Macchine Mortali: Peter Jackson rivela perché non l'ha voluto dirigere
Macchine Mortali: Peter Jackson rivela perché non l’ha voluto dirigere
Peter Jackson ha rivelato perché ha scelto di non dirigere l’imminente adattamento di Macchine Mortali. Il film, che vede nel cast Hugo Weaving e Robert Sheehan, è basato sul primo di una serie di romanzi scritti da Philip Reeve. Ambientato in un mondo post-apocalittico, le città sono state modellate in fortezze mobili ispirate ad uno stile che potrebbe rimandare allo steampunk (anche se non vanno…
View On WordPress
0 notes
Text
Box Office Italia - Bohemian Rhapsody vince ancora, delude Macchine Mortali
#BoxOfficeItalia - #BohemianRhapsody vince ancora, delude #MacchineMortali
Col Natale alle porte era prevedibile aspettarsi un bottino totale al Box Office Italia importante, ma a quanto pare è stato il solo Bohemian Rhapsody a mantenere alta l’attenzione nel weekend.
Grazie ad un incasso di 2,4 milioni di euro, Bohemian Rhapsodyha dominato a mani basse il botteghino italiano. Complessivamente il biopic ha già incassato 15,29 milioni di euro, ed al momento è il…
View On WordPress
#Bohemian Rhapsody#Box Office Italia#Il Grinch#Il testimone invisibile#Macchine Mortali#Un Piccolo Favore
0 notes
Photo

Macchine Mortali - Trailer Italiano Ufficiale
https://www.filmovie.it/macchine-mortali-trailer-italiano-ufficiale/
#Christian Rivers#data uscita Macchine Mortali#Hera Hilmar#Hugo Weaving#Jihae#Leila George#Macchine Mortali#Macchine Mortali data uscita#Macchine Mortali trailer#Macchine Mortali trailer ita#Macchine Mortali trailer italiano#Patrick Malahide#Robert Sheehan#Ronan Raftery#Stephen Lang#trailer Macchine Mortali#Trailer
0 notes
Photo

Macabre vacanze reali: la regina Elisabetta porta sempre una sacca di sangue in valigia. Ecco perché Di Lara Tomasetta Che le valigie per le vacanze della famiglia reale non fossero come quelle di noi comuni mortali c’era da aspettarselo. È noto come le personalità di spicco della politica, della società e dello spettacolo viaggino sempre con molti bagagli al seguito ben forniti di tutti i capricci e le necessità che possono sorgere durante il viaggio. Ma, secondo il Daily Mirror, quando si parla di famiglia reale esiste un’etichetta anche per i viaggi: come spostarsi e cosa portare. Patiamo dalle usanze contraddistingono gli appartenenti di sangue blu: il principe William non può viaggiare sullo stesso aereo dei figli George e Charlotte, perché non è consentito che due eredi siano sullo stesso volo. Il protocollo prevede anche che due fratelli non possano viaggiare insieme, nel caso in cui accadesse qualcosa durante il volo. A queste precauzioni decisamente comprensibili se si pensa allìimportanza della linea di sangue, esistono altre abitudini: un membro della royal family deve essere pronto per qualsiasi occasione, come un funerale. In viaggio infatti portano sempre un abito scuro in caso un proprio caro dovesse venire a mancare. La regina Elisabetta è certamente tra i personaggi più eccentrici e anche amati da popolo britannico. Ecco cosa non può mancare nei suoi viaggi: tra gli oggetti di cui sua maestà non può fare a meno c’è il suo diario privato, che lo staff provvede a tenere chiuso in uno scrigno, da cui Elisabetta non si separa mai. Altro oggetto che la regina porta ovunque, è la sua teiera con le inizali per la tradizionale ora del tè. Infine, il più macabro articolo che Elisabetta e il figlio Carlo devono sempre mettere in valigia c’è una sacca del proprio sangue, in caso abbiano un incidente e necessitino di una trasfusione. Dunque la Regina Elisabetta porta con sé sempre una sacca di sangue. Insomma, sembra che la partenza per i reali inglesi sia tutt’altro che gioiosa e fatta di bikini e macchine fotografiche da impacchettare, anche se ovviamente, non mancano gli oggetti più “comuni”. Sua maestà non dimentica mai le sue amate saponette al pino, del buon gin, le foto dei familiari e le salsicce di Harrod’s.
5 notes
·
View notes
Link
Leggete le testimonianze terribili degli operai di quel giorno in cui morì sulla gru Zaccaria, il 28 novembre 2012 - la stessa su cui ora è morto l'operaio Cosimo Massaro. Leggete! Perchè esse sono un'analisi, una denuncia inchiodante di come il capitale agisce per difendere solo i suoi profitti, fregandose e schiacciando la vita degli operai che per il padrone sono solo una merce che però, a differenza delle altre, dà pluslavoro e plusvalore. Leggete! Come il capitale non solo distrugge il fisico degli operai, ma anche per chi sopravvive, ne distrugge comunque la vita. Vari operai non sono più tornati a lavorare sulle gru, sono stati distrutti nella volontà, sicurezza in sè stessi. Leggete! Queste testimonianze mostrano in modo nudo e crudo il ruolo servile, vile dei capi, che fanno carriera sulla pelle degli operai, che in pieno rischio sicurezza dicono agli operai di continuare comunque a lavorare; perchè la vita degli operai non vale, ma la difesa della produzione capitalista sì, vale soldi e soldi. Leggete! Come gli operai muoiono. Per niente: perchè non ci sono dispositivi per la messa in sicurezza, non ci sono ordini di servizio, non ci sono corsi di formazione, ecc. ecc. perchè si risparmia su tutto. Leggete! Come l'azienda, i padroni, i capi truffano, su meccanismi di sicurezza inesistenti, su disposizioni, ordini di servizio, che fanno uscire improvvisamente il giorno dopo gli infortuni mortali, ecc.; in un sistema giudiziario che "ne prende atto", ma non li chiude in galera, e si dilunga in uno stanco processo, dal 2014. Leggete! Come, nello stesso tempo, le chiare testimonianze degli operai dimostrino, invece, che in una fabbrica in cui gli operai possano controllare, decidere, in cui al primo posto non c'è il profitto del padrone, sia possibilissimo lavorare in sicurezza. A conferma della verità scientifica che "Nocivo è il capitale non la fabbrica". ***** DEPOSIZIONE DEL TESTIMONE PIERGIANNI SIMEONE, Operaio Ilva gruista Siamo arrivati alle sette di mattina, abbiamo fatto l’armamento con tutta la squadra praticamente, sono salito sul DM8, inizialmente sono salito da solo. Poi, dopo tre quarti d’ora, siccome c’era da fare una manovra, perché c’era l’affossamento della benna in stiva, mi hanno chiamato ed è salito Sasso, che era un gruista che ancora stavo facendo addestramento. Dopo circa un quarto d’ora, venti minuti, abbiamo visto che il vento aumentava e ho segnalato alla manutenzione di andare via perché non potevamo fare nessuna manovra perché gli anemometri intervenivano alla macchina. Sul DM8 l’anemometro era di due tipi, un preallarme e l’allarme effettivo. Praticamente superati i 55/60 scattava un piccolo allarme in cabina e 70 la macchina si bloccava. Quel giorno arrivavano raffiche, la macchina ogni cinque minuti incominciava a bloccare. Io incitavo alla manutenzione di andare via perché pioveva. Dicevo agli operai che stavano sulla nave, perché seguivano i movimenti del carrello, che non potevo fare nessuna manovra perché la macchina si bloccava. Quindi la manutenzione è andata via e noi siamo andati a passerella, vuole dire che con la cabina ci recavamo al posto di partenza dove stavano le scale. Dove c’era un cancelletto che si entrava. Siamo rimasti a in cabina e, siccome stava il vento, siamo rimasti lì fermi. Fino a che è successo il tornado. Intorno alle undici meno venti incominciammo a sentire dei rumori che erano delle lamiere che si incominciavano a staccare di sotto alla macchina, praticamente. Nel frattempo abbiamo visto che si spostava da sola la macchina, io, per istinto, ho incominciato a schiacciare tutti i pulsanti, i funghi di emergenza. Praticamente non era la macchina che si spostava: era la nave che stava andando… Cioè che si erano staccate le funi, quindi si stava spostando la nave. Io, per effetto ottico praticamente, ho visto questa cosa qua. Però nel frattempo che incitavo sulla radio, la radio era spenta perché si era scollegato tutto. Quindi siamo andati prima a scontro lato terra, che sarebbe verso la strada, e poi praticamente sembrava che la cabina avesse un motore a benzina, perché è partita ad una velocità pazzesca! La cabina è stata risucchiata, quel vento praticamente ci ha risucchiati verso il mare. Ci siamo afferrati, però la cabina non ha sostenuto l’emergenza perché era troppo il vento. Sasso si trovava vicino la porta che stavamo uscendo, e io mi trovavo di fronte al monitor e mi sono afferrato ad un passamano che c’era in cabina. Ho detto “Siamo spacciati” perché non è mai successa una cosa del genere. Quando siamo arrivati a scontro, non so quanti minuti sono passati prima di riprendere coscienza, perché io mi sono trovato a terra col quadro elettrico dietro la schiena, in mezzo ai vetri. La cabina praticamente miracolosamente si era fermata contro il respingente sicuramente. Poi ho visto la cabina di Morrone che stava di fronte a me sul DM6, che praticamente era schiacciata sulla nave. Pensavo che Morrone stava dentro la cabina. Zaccaria si trovava dietro. Quella mattina non abbiamo ricevuto degli avvisi di allerta meteo prima di a salire sulla gru o anche durante, né qualche responsabile dell’azienda ci ha detto di scendere dagli scaricatori in quella mattinata. Nessuno ci ha detto di scendere. Non conoscevo la pratica operativa datata 18 Novembre 2005 e poi aggiornata all’8 Marzo 2012. Dopo che sono tornato dall'infortunio nel Marzo 2013 l’ho visto. Era esposto in bacheca. Prima del 28 novembre, giorno in cui poi muore il povero Zaccaria, non avevo mai visto questo ordine in bacheca. Da quello che mi hanno raccontato l’hanno affisso in ufficio nei giorni successivi all’evento. Tra l’altro noi eravamo gruisti del quarto sporgente, non c’è nessuna bacheca al quarto sporgente. Non mi è mai stato spiegato questo dispositivo di antiuragano. Ne sono venuto a conoscenza dopo l’incidente di queste cose qua, che noi non abbiamo mai usato. I gruisti anziani non ci hanno mai detto di usare questa cosa, né qualche responsabile dell’azienda. Non ho mai seguito dei corsi di formazione circa i rischi specifici cui andavo incontro quale gruista. Io ero dieci anni che lavoravo là. L’unico rischio che avevo inizialmente era la paura dell’altezza, basta. In quella mattinata nessuno dell’azienda ci ha detto di scendere dagli scaricatori. Quella mattina siamo scesi da soli io e Francesco aiutandoci uno con l’altro. Ci abbiamo messo circa un'ora e mezza. Nessuno ci ha contattato, ci ha portato soccorso. Solo all’ultima rampa c’era il Dottore Di Noi, capo reparto. Noi urlavamo per venire a salvarci, praticamente. DEPOSIZIONE DEL TESTIMONE ANDRISANI IVAN. Operaio Ilva gruista. Il 28 novembre ero mi trovavo in mensa. Ero disponibile in attesa di lavoro. Ero presente durante l'incidente. Ho visto le macchine, il tornado che prendeva tutt’e tre le gru. Traslavano tra di loro, si urtavano, tornavano indietro, erano delle macchine impazzite! Non ho mai sentito parlare di un dispositivo antiuragano sulle gru di quel tipo, né delle ganasce antibufera. Non ho mai effettuato corsi di formazione da gruista, né sui rischi specifici a cui andava incontro il gruista, ma solo corsi generici, su comportamenti aziendali, elmetto, tenute di lavoro e dispositivi, mascherina e quant’altro. Sono diventato gruista perché sono andato insieme ad un ex gruista, mi ha fatto vedere come funzionava e da lì è partito diciamo il mio percorso. In dieci anni di servizio mi è capitato un paio di volte di trovare la cabina spostata da quello che è l’ingresso passerella-cabina, spostata avanti o indietro rispetto alla posizione del cancelletto di accesso. In quelle occasioni sono sceso, ho avvisato l’ufficio e poi tramite manovre di manutenzione, con un richiamo di bypass tornava indietro da passerella, venivano degli elettricisti manutentori che richiamavano la cabina in posizione di passerella. Nel momento in cui la cabina esce fuori cancelletto, non si apre neanche il cancelletto. Dove vado? Cado giù! Quindi poi chiami e qualcuno ti riporti alla passerella. Ma sarà successo un paio di volte. L’unico dispositivo d'emergenza che un gruista ha è il fungo di emergenza, che nel momento in cui lo schiaccia è finito tutto, non può fare più niente. Blocca la traslazione e altre manovre, benne, carrelli e quant’altro. Ma non per la sicurezza dell’uomo. Serve per fermare la macchina. La cabina si può muovere. Anche se va via la luce all’epoca si staccavano anche le portali che noi avevamo. Rimanevamo soli, diciamo. Mi è capitato di essere rimasto in blackout e non ho potuto neanche chiedere aiuto. Le portali perdevano o perdono anche loro la corrente. Quella mattina mai sentito parlare di allerta meteo. Non ero a conoscenza di procedure da adottare in caso di emergenza meteo. Quando è arrivata la raffica di vento che ha provocato quello che sappiamo, panico totale! Nessuna norma di sicurezza, né raccoglimento, né un punto di attesa per raccogliere quello che era successo. Panico totale! Ognuno poteva fare quello che voleva! C’è gente che è scappata a casa. Io che sono rimasto fino all’ultimo, sperando di rivedere il mio collega, Zaccaria, quel giorno mi è venuto a prendere da casa per andare insieme a lavoro. DEPOSIZIONE DEL TESTIMONE DE PACE FABIO, operaio Ilva gruista Non conoscevo il dispositivo, il blocco antiuragano, ne le ganasce antibufera. Non ho mai effettuato dei corsi di formazione in relazione ai rischi specifici cui il gruista doveva essere esposto. La nostra sicurezza era la cabina, cioè noi vedevamo come nella cabina il posto più sicuro della gru. E poi l’unico dispositivo che permetteva di bloccare tutta la macchina era una emergenza a fungo rosso. Le macchine del secondo sporgente non avevano freni, si può dire. Io ricordo benissimo, per esempio il DM4, svariate volte anche con un vento di 30/40 chilometri orari, traslavano da sole. Come anche il DM5: aveva un problema sul binario dove scorreva il carrello, che ci permetteva di prendere il materiale in stiva, faceva sempre un rumore assordante. Questo l’abbiamo sempre segnalato, però non è mai stato risolto questo problema. La macchina è formata da un braccio mobile. Su questo braccio mobile scorreva un carrello dove era attaccata una benna che ci permetteva di raccogliere il materiale nelle stive. Ogni volta, in un determinato punto, sempre sopra la nostra testa era a fine corsa della cabina sul braccio mobile, ogni volta si sentiva questo rumore che per noi era fastidiosissimo perché stare lì cinque ore e mezza e sentire questo rumore assordante comunque di ferraglia, era fastidioso. Quindi noi chiedevamo che questo problema si potesse risolvere, però non venivano risolti. In caso di condizioni meteo avverse non c’era una procedura che si seguiva, nel senso che non c’era un iter da seguire. Tant’è che parecchie volte, quando scattava l’anemometro, ci chiedevano di ripristinare l’anemometro. Perché l’anemometro bloccava soltanto la traslazione della macchina, però ti permetteva di lavorare, di continuare a scaricare il materiale dalla stiva e portarlo in tramoggia. Ci chiedevano di continuare a lavorare, di cercare di lavoricchiare anche quando l’anemometro segnalava il vento forte. La macchina cessava la traslazione quando il vento superava i 55 chilometri orari. Però non era uguale per tutte le macchine. Il DM8 – non si sa perché – a 60 chilometri orari non interveniva. E noi, come gruisti, chiedevamo: “Ma come mai il DM5 interviene o al DM6 interviene e alle altre macchine no?”. E ci dicevano, i capi turno, che in base a dove tirava il vento le macchine coprivano gli altri anemometri. Una volta che la macchina si fermava, noi chiedevamo di andare almeno a passerella. Perché parecchie volte ci sono state delle pressioni: “Dai, rimani a braccio fisso. Non andare a passerella perché altrimenti perdi tempo poi a ritornare sul punto dove devi lavorare” e quindi ci facevano questo tipo di pressioni i capi turno. Tutti i gruisti sapevano di queste criticità del DM5, l'abbiamo sempre segnalato al capo reparto, al capo turno. Ad esempio una volta chiesi, fermai la macchina perché ero infastidito di questa situazione che si prolungava per… Parliamo di mesi. Fermai la macchina e scesi. Mi presi tutte le mie responsabilità di quello che stavo facendo. Però un mio collega riarmò la macchina e finì là questa vicenda. Però tutti i gruisti sapevano benissimo le criticità delle macchine, soprattutto al secondo sporgente e anche del quarto sporgente. Adesso ne sto ricordando altre: ad esempio, quando si effettuava la bennata all’improvviso, certe volte, si ammainavano da sole i cavi, le funi. Questa per noi non era una cosa buona perché, evidentemente, in sala argani c’era qualcosa che non funzionava bene. DEPOSIZIONE DEL TESTIMONE BRUNO SANTE, operaio Ilva, gruista Ho visto questo tornado alzarsi all’improvviso. Vedevo le macchine che camminavano avanti e indietro come se erano impazzite. Si muovevano a destra e sinistra sui binari, senza controllo. C’è un anemometro all’interno di queste macchine che, ad una certa velocità del vento dovrebbe bloccare la macchina. Che poi si bloccava solo la traslazione sui binari, non tutta la funzione della macchina. Infatti noi spesso, quando succedeva che si bloccava l’anemometro, continuavamo a lavorare da fermi, ci facevano lavorare da fermi sulla stiva. Non sono a conoscenza dell’esistenza di un dispositivo antiuragano, né delle ganasce antibufera, l’ho saputo dopo il tornado. L’azienda non mi ha mai fatto effettuare, svolgere dei corsi di formazione in relazione ai rischi specifici cui, quale gruista. Chiamavo l’ufficio, veniva la manutenzione e portavano la cabina in posizione di nuovo per potere accedere. Il giorno del tornado, non ci hanno dato delle indicazioni, delle istruzioni. In quel momento ci siamo un po’ sparpagliati, ci siamo persi di vista, perché era una situazione un po’ strana. Non sapevamo da che parte andare praticamente! L’azienda non ha dato degli avvisi di allerta meteo quella mattina, i ragazzi che lavoravano erano tranquillamente sulle macchine. La gru DM5, in generale, benissimo non andava, come tutto il resto delle gru che stavano lì. Erano molte le problematiche. Tipo i carrelli che saltavano quando lavoravamo, tipo quando c’era un po’ più di vento le macchine camminavano da sole e non si fermavano neanche in caso di arresto con il fungo emergenza, continuavano a camminare tranquillamente. Non ero a conoscenza di una procedura operativa da seguire in caso di emergenza. L'ordine di servizio, firmato da Di Noi, capo reparto, l’ho visto dopo il tornado, esposto nella mensa. Prima non l’avevo mai visto. Quella mattina, nessuna istruzione. Nessuno ci ha detto niente. Ci siamo trovati così, sparpagliati, chi fuori, chi dentro, chi davanti all’entrata nel secondo, chi al quarto, non c’era un controllo. Ho visto sempre la gru che si spostava a destra e a sinistra sui binari senza controllo, e aveva la benna incastrata nella stiva. In questo movimento di avanti e indietro si sono addirittura strappate le funi d’acciaio, col fatto che la benna era bloccata in stiva. Ho visto che la cabina si era accartocciata, praticamente; alla gru DM5 ho visto che mancava la cabina. Ho visto i respingenti che erano due pezzettini di ferro che si erano sollevati, non so nemmeno se si chiamavano “respingenti” perché non penso che quelli erano dei respingenti, perché non hanno fatto da respingente. Se erano respingenti, Francesco stava qua con noi ancora, e stava parlando con noi! I respingenti e la trave che mancava erano montati al DM8, dove la cabina è rimasta, a prova dell’efficacia dei respingenti e della trave. Dopo l’evento, ho chiesto di cambiare reparto perché non mi sentivo più sicuro su quelle macchine.
3 notes
·
View notes